Il nostro Simbolo

LIBELLULA

Nella cultura giapponese questo animale è il simbolo del coraggio, della forza, della gioia, del successo nelle arti marziali e del successo in generale.

Ammirata per la sua grazia, per l’eleganza, per le sue grandi ali colorate e per la delicatezza la libellula è il simbolo del Giappone. Nel Nihon Shoki (La Cronaca del Giappone, scritto nell’720) si racconta che il primo imperatore, Jimmu Tenno, si arrampicò su una montagna nella regione di Yamato e, una volta raggiunta la cima, osservò la terra di cui era imperatore e disse: “La forma della mia nazione è simile a due libellule in amore”. IL primo nome ufficiale del Giappone fu appunto Akitsu Shima ossia “l’isola delle libellule”.

Sin dai tempi antichi, la libellula è vista dai giapponesi come una creatura di grande bellezza e un simbolo di forza interiore. In passato le libellule venivano chiamate anche kashimushi, che significa letteralmente insetto vincente, e questo nome è dovuto al fatto che le libellule volano sempre avanti e non retrocedono mai. Una qualità particolarmente apprezzata dai guerrieri samurai. Per questo motivo i samurai usavano incidere una libellula sui propri elmi per simboleggiare la vittori sul nemico, la chiarezza mentale, il controllo, la forza e il coraggio.

ENSO

Ensō (円相) in giapponese significa cerchio.
E’ il soggetto più comune della calligrafia giapponese, simboleggia l’illuminazione, la forza, l’universo.  Alcuni lo chiamano “Il cerchio dell’Illuminazione”. Altri lo definiscono il “Cerchio Infinito”.

L’enso, l’immagine del cerchio che si richiude nell’esatto punto di partenza, rappresenta il concetto dell’espressione giapponese  shu-ha-ri (守破離)  apprendi, poi distaccati, infine trascendi e quindi dei tre grandi livelli di apprendimento delle arti marziali e di qualsiasi disciplina giapponese.

Shu: coservare, proteggere, seguire un modello per apprenderlo a fondo. È la prima tappa, quella dell’insegnamento dei principi fondamentali, la fase in ci il maestro mostra la forma e l’allievo la riproduce ciecamente adattandola al corpo.

Ha: rompere, staccarsi. È la seconda tappa, quella dell’applicazione delle basi apprese, in cui l’allievo, sempre sotto la guida del maestro, inizia a f far proprio ciò che ha imparato adattandolo a se stesso e a ricercarne aspetti e significati

Ri: libertà di creare. È la terza tappa, quella in cui la tradizione è interpretata secondo la propria esperienza. Non c’è più bisogno delle istruzioni del maestro e l’allievo può sperimentare e crescere da solo.

 

 

Un giorno un samurai andò dal maestro spirituale Hakuin e chiese:
“Esiste un inferno? Esiste un paradiso? Se esistono da dove si entra?”.
Era un semplice guerriero. I guerrieri sono privi di astuzia nelle mente.
I guerrieri conoscono solo due cose: la vita e la morte.
Il samurai non era venuto per imparare una dottrina, voleva sapere dov’erano le porte, per evitare l’inferno ed entrare in paradiso.
Hakuin chiese: “Chi sei tu?”. Il guerriero rispose: “Sono un samurai”.
In Giappone essere un samurai è motivo di grande orgoglio. Significa essere un guerriero perfetto. Uno che non esiterebbe un attimo a dare la vita.”Sono un grande guerriero, anche l’imperatore mi rispetta”.
Hakuin rise e disse:”Tu, un samurai? Sembri un mendicante!”
L’uomo si sentì ferito nell’orgoglio. Sfoderò la spada, con l’intenzione di
uccidere Hakuin.
Il maestro rise: “Questa è la porta dell’inferno – disse – con questa spada, con questa collera, con questo ego, si apre quella porta”.
Questo un guerriero lo può comprendere, così il samurai rinfoderò la spada… e Hakuin disse: “Qui si apre la porta del paradiso”.
L’inferno e il paradiso sono dentro di te. Entrambe le porte sono in te.
Quando ti comporti in modo inconsapevole, si apre la porta dell’inferno;
quando sei attento e consapevole, si apre la porta del paradiso.
La mente è sia paradiso che l’inferno, perchè la mente ha la capacità di
diventare sia l’uno che l’altro. Ma la gente continua a pensare che tutto esista in un luogo imprecisato all’esterno…